Una copia autentica di Windows e Office messa in vendita su eBay si rivela un boomerang in termini d'immagine per il colosso del software
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 14-03-2005]
Microsoft ha cessato l'azione legale intrapresa contro David Zamos, studente ventunenne della Kent State University, per aver messo all'asta su eBay i CD originali educational di Windows XP Pro e Office XP Pro, causando (dicono gli avvocati) "danni irreparabili" al colosso di Redmond. La lite legale, condita da una interessante controcausa avviata dallo studente, ha infatti raggiunto sorprendentemente un accordo amichevole.
Microsoft non è particolarmente famosa per la sua malleabilità sul tema della pirateria software, e ha risorse economiche sicuramente superiori a quelle di uno studente. Cosa può averla indotta a scendere a patti?
Tutto inizia nel 2004, quando Zamos acquista in un negozio il software conteso, usufruendo di un congruo sconto per studenti: Windows XP Pro e Office XP Pro gli costano in tutto sessanta dollari. Pentitosi dell'acquisto, decide di restituire al negozio le confezioni ancora sigillate, ma ottiene un netto rifiuto. Così, dopo aver chiesto il rimborso a Microsoft e averne ottenuto analogo rifiuto, tenta di recuperare i propri sessanta dollari mettendo il software all'asta su eBay, e gli va di lusso: porta a casa 203 dollari.
L'azione legale di Microsoft era quindi perfettamente motivata dal punto di vista formale. Purtroppo la veemenza verbale usata dagli avvocati si rivela talmente comica da essere ripresa dai giornali locali. "Microsoft ha subito, e continuerà a soffrire, danni sostanziosi e irreparabili alla propria reputazione..." dicono gli avvocati di zio Bill, "gli atti di violazione del copyright perpetrati dal convenuto hanno causato a Microsoft danni irreparabili." L'anno scorso, Microsoft ha fatturato 38 miliardi di dollari.
L'ironia di un team di costosi principi del foro assoldati per recuperare sessanta dollari non viene gradita dal maldestro ma assai testardo Zamos. Microsoft gli chiede di pagare le spese processuali e le parcelle degli avvocati e di restituire il guadagno derivante dalla vendita illegale.
Certo, Microsoft spende più di quel che ha speranza di recuperare da una causa del genere contro uno studente senza soldi, per cui è evidente (e giustissimo) che agisce non per il profitto che ne può derivare, ma per difendere un principio sancito dalla legge. Ma a sorpresa, anche Zamos decide di difendere un principio: la possibilità di restituire la merce insoddisfacente. Così, forte dell'incoscienza della gioventù, risponde a Microsoft avviando una controcausa senza rivolgersi ad un avvocato, che non può permettersi.
Fra le varie accuse rivolte dallo studente a Microsoft, ce n'è una che toccherà un nervo sensibile in molti lettori che hanno acquistato programmi da Microsoft e altre società: è praticamente impossibile restituire il software inutilizzato, a differenza di quello che succede con qualsiasi altro prodotto.
Zamos afferma, nella sua controcausa, che "Microsoft ha intenzionalmente costituito e mantenuto un sistema di vendita e di distribuzione nel quale rifiutare e restituire legittimamente merce che è fondamentalmente non conforme è impossibile o praticamente impossibile a causa dell'inettitudine dei suoi dipendenti, delle politiche vessatorie, dell'intento doloso e delle prassi ingannevoli".
Parole di fuoco forse non del tutto condivisibili, ma è un dato di fatto che restituire il software, anche quando la confezione è intatta, è un'impresa titanica, come ben sa chi ha cercato di farsi rimborsare per il Windows e l'altro software preinstallato e indesiderato (che non è affatto gratuito).
E' a questo punto, quando la notizia arriva sui giornali (che adorano ogni lotta fra Davide e Golia, anche quando Davide ha commesso un'illegalità) e si comincia a discutere sul senso delle parole della controaccusa di Zamos, che Microsoft cambia tattica e si offre di ritirare la propria causa se lo studente farà altrettanto.
Niente da fare: Zamos non si accontenta di quella che già così sarebbe una vittoria notevole, e pretende da Microsoft le scuse ufficiali e il rimborso delle spese per le fotocopie di documenti legali richieste per la sua difesa (poco più di un centinaio di dollari).
Microsoft si è rifiutata, ma le parti hanno comunque composto la lite raggiungendo un accordo riservato. Evidentemente il ridicolo causato dall'azione legale contro un giovane squattrinato che voleva soltanto riavere i propri soldi e non ha capito le clausole di vendita delle versioni scontate di Windows e Office era giunto a un livello insostenibile e rischiava di aprire un dibattito ben più controproducente: perché non si può restituire il software?
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