Molto rumore in Rete per un documento tecnicamente equivalente all'aria fritta. E se lo ignorassimo?
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 04-03-2005]
Questo in teoria dovrebbe essere un articolo di analisi tecnica del cosiddetto "Patto di Sanremo". Ma i concetti tecnici sensati e gli impegni concreti, nel documento presentato dal Governo, sono rari come particelle di sodio nell'acqua minerale e hanno il medesimo atteggiamento da cretinetti. Leggendolo quel PDF maldestramente impaginato, viene proprio voglia di esclamare "C'è nessuno?". No, in casa non c'è proprio nessuno: quelle sono soltanto parole in libertà, scritte da chi capisce la Rete quanto un eunuco capisce il Kama Sutra, ossia per puro sentito dire.
Il Patto-Pacco, infatti, è semplicemente una proposta, una promessa (forse una minaccia) di fare vagamente qualcosa contro la violazione del diritto d'autore in Rete. Valore legale? Zero. Azioni concrete promesse? Nessuna. Una seminagione di intenzioni di "favorire", "promuovere", "sviluppare", ma senza alcuna definizione di come si farà tutto questo. Fino a quando non verrà accompagnato da leggi e regolamenti che specifichino chi di preciso deve fare cosa, questo documento è irrilevante. All'atto pratico, per ora, non cambia nulla.
Di conseguenza, agitarsi per questo Patto è prematuro: anzi, viene il sospetto che creare paura, incertezza e dubbio sia il vero scopo dell'esercizio di frittura d'aria. Forse il gioco consiste proprio in questo: distrarci da cose più importanti e farci perdere tempo e sonno in analisi e rimuginazioni sulle possibili implicazioni di una vaga e (per ora) del tutto ipotetica e scelta governativa.
Eppure non sarebbe stato difficile creare un caso esemplare. Secondo i dati FIMI pubblicati a corredo del Pacco, attualmente un italiano su quattro scarica illegalmente file dalla Rete. Là fuori ci sono dodici milioni di "ladri", come ama chiamarli del tutto impropriamente la campagna antipirateria che impazza nei cinema italiani ("violatori del diritto d'autore" non è abbastanza drammatico, vero?). Che ci voleva a fare una retata, insomma bastonarne cento per educarne dodici milioni? Bastava pescare nel mucchio. Non è successo. Come mai?
C'è di più. I medesimi dati FIMI dicono che tuttora, a più di un anno dalla legge Urbani, "il 56% di coloro che abitualmente scaricano file dalla rete in futuro continueranno a farlo". Gli italiani hanno insomma risposto alle assurdità della legge Urbani con un colossale chissenefrega.
Certo, la FIMI dice che "nel 2003 i 'recidivi' ammontavano al 67,5%". Ci sarebbe stato, insomma, un calo. Ma conoscete qualcuno che ha smesso di scaricare musica e film grazie alla legge Urbani? Appunto. Non è che magari quel calo deriva più semplicemente dal fatto che la gente s'è fatta più furba e non va più a confessare ingenuamente che scarica di fronte al sondaggista di turno? Rispondereste sinceramente alla domanda "Dimmi, figliolo, hai scaricato dati impuri? Quante volte?". Siamo seri.
Forse gli ottimi lavori di analisi del Patto che stanno spuntando in Rete in queste ore stanno tralasciando un concetto importante: il popolo del download ha già vinto, e non c'è niente che si possa fare per fermarlo. Non sto difendendo un atto illegale: sto constatando la realtà che sta dietro le fette di salame ministeriali.
Come pensano di sorvegliare i milioni di utenti della Rete? Non basta certo guardare il consumo di banda: come farà il provider a distinguere fra lo scaricamento legale di una distribuzione di Linux, di un Service Pack 2 di Windows, di un video amatoriale legalmente distribuibile e lo scaricamento illegale del prossimo episodio di Guerre Stellari, se tutti questi file passano dai medesimi circuiti peer to peer?
Al provider mancano quindi sia gli strumenti tecnici, sia quelli giuridici. Il provider non può fare il gendarme e intercettare ed analizzare il flusso dei dati. E anche se gli venisse conferito questo potere degno della Stasi, basterebbe inondare la Rete di contenuti legalmente distribuibili per rendere insostenibile la sorveglianza.
Non solo: l'esperienza dimostra che per ogni misura tecnica inventata per "sconfiggere" il download di opere vincolate, nasce subito una contromisura. Morto un Napster, se ne fa un altro. Chiuso un Lokitorrent, ne spuntano altri due, o si cambia sistema, e si riprende come prima. Non appena arriva sul mercato un sistema anticopia, arriva in Rete l'anti-anticopia. Il DRM strombazzato nel Patto è un miraggio; è ora di rendersene conto.
Cari ministri e lobbisti dell'industria dell'intrattenimento, arrendetevi. Avete perso. Il mondo è cambiato sotto il vostro naso. Datevi da fare per trovare il modo di creare un mercato sulla base della realtà e non della fantasia giuridica. Se non lo fate, non saremo noi Internettari a mandarvi sul lastrico: saranno le copie pirata vendute dal crimine organizzato sulle bancarelle, alla luce del sole, che il Patto curiosamente ignora.
Se non avete idea di come si fa, basta chiedere. Siamo qui per questo.
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