Microsoft obbligata dall'Antitrust UE a offrire Windows senza Media Player e la sua fallatissima gestione dei diritti digitali.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 27-01-2005]
La società di Redmond mantiene la promessa di fornire nei paesi dell'Unione Europea una versione di Windows senza Media Player, come previsto in base a una decisione provvisoria dell'Antitrust europeo. Secondo The Register, gli OEM potranno ricevere Windows senza Media Player "entro le prossime settimane".
Finalmente un risultato tangibile della lunga battaglia fra l'Antitrust europeo e Microsoft. A prima vista sembrerebbe trattarsi di un disagio inutile per gli utenti, che trovandosi attorniati in Rete da un'infinità di file in formato Media Player non faranno altro che procurarsi la versione di Windows con WMP incluso oppure scaricare e installare WMP dal sito Microsoft, per cui tutto tornerà in pratica a com'è ora.
Tuttavia c'è un bonus imprevisto. Molte installazioni di Windows, soprattutto negli uffici, non hanno alcun motivo di includere Media Player o altri prodotti simili. Normalmente si va in ufficio per lavorare, non per guardarsi i videoclip di Paris Hilton (o almeno questa è la versione ufficiale); i file audio e video realmente necessari per l'attività lavorativa sono più rari dei neuroni a un convegno di rabdomanti. Pertanto, l'assenza di un programma che li esegua offre una fonte di distrazione in meno, e già questo non è poco.
Windows Media Player si comporta in questo modo per consentire il cosiddetto DRM o Digital Rights Management, ossia la protezione anticopia sui prodotti audio e video. Le case discografiche insistono nel dire che l'uso del DRM è indispensabile per tutelare il diritto d'autore nell'era di Internet. Può darsi, ma attualmente il DRM di Windows Media Player tutela il discografico mettendo in pericolo l'utente.
Come descritto dal ricercatore Ben Edelman, spammer e aggressori della Rete stanno infatti utilizzando la gestione dei diritti digitali di Windows Media Player per ingannare gli utenti. Le vittime scaricano un videoclip o un brano musicale, lo eseguono con WMP, e si vedono comparire un avviso che chiede di accettare lo scaricamento della "licenza". Siccome WMP non controlla cosa sta scaricando, al posto della licenza può esserci qualsiasi cosa: virus, worm, spyware, hijacker, adware e compagnia bella.
Edelman racconta che in un suo test gli è bastato cliccare una volta su Sì in uno di questi avvisi evocati da Windows Media Player per avviare l'installazione e ritrovarsi il computer "contaminato dal maggior numero di spyware che ho mai ricevuto in una sola volta... l'infezione ha aggiunto 58 cartelle, 786 file e ben 11.915 voci di Registro. Nessuno di questi programmi mi ha presentato un accordo di licenza, né io ho dato il mio consenso alla loro installazione".
Stando a Edelman e ad altri ricercatori, il problema viene risolto almeno in parte dal Service Pack 2 di Windows XP in combinazione con Windows Media Player 10, oppure usando programmi alternativi a Windows Media Player. Anche bloccare l'installazione di programmi ActiveX blocca queste aggressioni.
Resta però il problema che anche con tutte le funzioni di sicurezza attivate, all'utente vengono presentate delle schermate estremamente ingannevoli (alcune simulano addirittura interattivamente il Centro Sicurezza di Windows), che stimolano a cliccare su Installa perché dicono di essere "aggiornamenti necessari per vedere il filmato" e sono spesso poco comprensibili perché scritti in lingua straniera. Così, allettato dalla promessa del solito filmatino porno, l'utente ignorerà allegramente gli avvisi di Windows e si infetterà facilmente, anche perché non si aspetta che un filmato possa veicolare infezioni.
Tutte queste complicazioni sono state introdotte soltanto perché si vuole imporre una macchinosissima gestione delle licenze digitali, illudendosi che questo fermi il fenomeno delle copie a scrocco. La funzione di Windows Media Player che richiama un sito Web quando si esegue un file esiste soltanto per servire i signori del DRM; non ha alcun altro scopo pratico. Il beneficio (ipotetico) di questa funzione va tutto ai produttori di contenuti, mentre il danno è sicuramente tutto a carico i consumatori.
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