Secondo uno studio americano le persone d'ogni sesso passano sempre più tempo davanti ad uno schermo. Da qui la voglia dei governi di controllare le fonti d'informazione per controllare le opinioni.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 11-04-2009]
Da un'indagine condotta dal serissimo Council for Research Excellence, per altro poi ripreso dalla stampa quotidiana americana, gli adulti passerebbero mediamente più di otto ore al giorno davanti a un monitor; non importa se televisivo, del PC, del videofonino o del navigatore satellitare.
La stima, a fronte dei dati attualmente disponibili per il nostro continente, può sembrare esagerata se al totale si vanno a sottrarre le ore di consultazione per lavoro; ma occorre dire che la media comprende anche le categorie di lavoratori che non usano mai o solo occasionalmente il computer o altri mezzi di comunicazione elettronici a parte la TV.
Sarà forse per questo che da ultimo assistiamo ad una recrudescenza dei tentativi di appropriarsi dei media di ultima generazione, poiché giornali e televisione sono già stati da tempo distribuiti tra chi ha o ha avuto il potere di imporre una forma codificata della spartizione.
E' inutile rifriggere qui argomenti ampiamente dibattuti anche in altre sedi; tuttavia fa piacere apprendere che non è del tutto solo chi teme i pericoli di un prossimo e ulteriore appiattimento culturale e dell'informazione.
A livello europeo qualcosa comincia a muoversi, pur tra le indecisioni ed i retromarcia; perché è facile e bello (e poi fa "trendy") fare il populista a Strasburgo o Bruxelles e poi a casa propria piegare le ginocchia dinanzi alle pretese delle major dell'editoria e dell'intrattenimento.
Abbiamo perciò visto l'europarlamento con 481 voti contro 25, più una ventina di astensioni, approvare un testo dove si dichiara che qualsiasi governo o società privata che limiti a titolo punitivo l'accesso alla Rete viola di fatto il diritto all'educazione dei cittadini.
Il riferimento alla recente Hadopi francese non è casuale; il guaio è che anche se venissero attivate adeguate punizioni pecuniarie nei confronti della nazione inadempiente con le regole del Trattato, queste sanzioni graverebbero sull'intera popolazione e non sui politici rei dell'infrazione. I politici da canto loro se lo potrebbero anche permettere, visto che guadagnano circa il doppio dei loro colleghi in ambito comunitario.
Pure contrari all'Hadopi si sono dichiarati Google, Yahoo, Skype, eBay ed altri giganti del settore, timorosi per altro che l'estendersi del controllo su Internet da parte di alcuni operatori vada a intaccare alcuni dei propri interessi; per quanto riguarda specificamente il risvolto americano della questione, si è comunque in attesa del pronunciamento dall'autorità sulle telecomunicazioni (FCC) e del Congresso degli Stati Uniti.
A casa nostra, pur coi limiti detti prima, qualcosa fortunatamente si muove; peccato che sostituirà soltanto un effetto dimostrativo, almeno sino alle prossime elezioni politiche. Ma se il buon giorno si vede dal mattino, è probabile che i parlamentari che si sono esposti in prima linea non saranno più riproposti al giudizio degli elettori dal loro stesso partito, come è avvenuto in un recente passato.
In attesa di sapere come andrà a finire, due senatori del PD hanno presentato nelle scorse settimane un progetto di legge per investire nell'innovazione tecnologica, adottare soltanto l'Open Source nella pubblica amministrazione e per aprire le risorse del web con banda larga per tutti entro il 2012 nonché eliminare ogni vincolo di tipo censorio sulla rete.
In effetti, è forse la prima volta che viene enunciato in sede parlamentare il principio secondo il quale politici e operatori non debbono fare discriminazioni circa l'accesso a internet e ai suoi contenuti.
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