L'economista Maurizio Matteo Dècina spiega come un romanzo come Telecom Italia sia diventata un simbolo della crisi italiana.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 03-11-2013]
Il giovane economista Maurizio Matteo Dècina, vicepresidente dell'ASATI (l'associazione dei piccoli azionisti di Telecom Italia, che oggi contesta l'acquisizione del controllo azionario da parte degli spagnoli di Telefónica) sul caso dell'ex monopolista ha scritto un saggio chiaro e che si legge come un romanzo: Goodbye Telecom. La banda della banda larga, edito da Castelvecchi e con la prefazione del giornalista Giuseppe Oddo.
Gli abbiamo posto qualche domanda.
Zeus News: Perché "Goodbye Telecom"? È proprio finita?
Maurizio Matteo Dècina. «Spero proprio di no. Aspettiamo comunque a vedere come si comporterà il governo, in particolare l'onorevole Letta che oggi incontrerà Alierta».
«Temo che gli spagnoli racconteranno le solite rassicurazioni che prima di loro hanno raccontato (anzi... non ce n'è stato per la verità neanche bisogno) le gestioni Colaninno e Tronchetti. E temo che i nostri politici siano troppo ignoranti ed incapaci per affrontare un tema così complesso. Speriamo comunque in un doppio intervento sulla soglia dell'OPA e la Golden Power sulla rete».
«In realtà sono leggermente ottimista perché in queste ultime settimane vedo dei segnali positivi da parte delle nuove forze politiche in campo».
ZN: Se potessi definire uno/due colpevoli o una causa principale della crisi di Telecom Italia chi indicherebbe?
Dècina: «Credo che sia difficile attribuire le responsabilità sul caso Telecom a una, due o più persone. Sarò impopolare a dirlo ma chi crede che i responsabili siano i soliti noti quali ad esempio Pirelli, Mediobanca, Generali, Tronchetti e il suo team di manager, i "Ruggiero Boys" o i "capitani coraggiosi" compie una leggerezza».
«Le responsabilità partono dai vertici della piramide - banche d’affari internazionali, lobby finanziarie, istituzioni, top management - e poi a mano a mano scendono fino alla base dove troviamo ad esempio il dipendente che ha truccato le SIM per arrotondare la busta paga».
«Il gioco è proprio quello di una collusione tra i poteri della finanza internazionale e l'ignoranza e l'incapacità dei nostri politici che hanno, in pratica, regalato la governance a una minoranza di azionisti a scapito dell'azionariato diffuso».
«E ho tanto la sensazione che questo piano di distruzione dell'azienda sia stato quasi organizzato a tavolino dal gruppo invisibile di persone che gestisce le politiche monetarie mondiali; mi riferisco alla Fed e alla BCE... ovviamente con la complicità dei gruppi industriali italiani».
«Faccio solo un piccolo esempio: Morgan Stanley, Goldman Sachs e Lehman Brothers (i controllori della Fed) hanno ereditato parte del patrimonio immobiliare di Telecom Italia a prezzi stracciati (palazzi venduti a 500 euro in zone residenziali di Roma e Milano a metà anni 2000). Che motivo avevano di comprare centrali telefoniche di un Paese allo sbando?».
ZN: Come evitare il crollo finale? Su che cosa puntare?
Dècina: «Oggi la partita si gioca sul web. Ci sono 500.000 piccoli azionisti Telecom e ASATI ne ha raccolti solamente 5.000. Sembra uno scherzo ma purtroppo è così. Ma il fenomeno delle adesioni è esponenziale. Mi auguro fra 1-2 anni di triplicare il numero degli iscritti arrivando al 3-4% del capitale dell'azienda per poter organizzare delle alleanze con altre forze nuove e mandare più membri al CdA, soprattutto dipendenti azionisti. Non mi aspetto un aiuto dai politici ma dai 500.000 azionisti per cambiare lo stato delle cose. Alla fine anche la casalinga ed il pensionato ci daranno la loro adesione».
«Ovviamente se si cambiasse immediatamente lo statuto del CdA che prevede 12 membri su 15 per i gruppetti di maggioranza, la strada sarebbe notevolmente in discesa».
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