[ZEUS News - www.zeusnews.it - 01-04-2019]
Non è da oggi che Mark Zuckerberg sta cercando di ripulire un po' la reputazione di Facebook, asserendo di volersi concentrare sulla protezione della privacy degli utenti e nel rendere la piattaforma un luogo "più sicuro".
L'ultimo intervento della serie serve ad alzare il tiro: dopo aver riconosciuto l'importanza della tecnologia nella vita quotidiana di tutti, Zuckerberg si spinge a dire che è ora che i governi intervengano direttamente per regolamentare la Rete.
Al fondatore di Facebook non bastano le leggi già esistenti e applicabili anche alla vita digitale: vuole che i governi abbiano «un ruolo più attivo» per «aggiornare le regole di Internet» al fine di «conservare ciò che c'è di buono - la libertà di esprimersi per le persone e di costruire cose nuove per gli imprenditori - proteggendo allo stesso tempo la società da danni più vasti».
Sono quattro le aree individuate da Zuckerberg e su cui ritiene che siano necessarie nuove regole: i contenuti dannosi, l'integrità delle elezioni, la privacy e la portabilità dei dati.
Sono tutti ambiti che, di volta in volta, sono diventati argomento di discussione sia in quanto tali sia perché su di essi si ritiene che i social network possano avere un'influenza pesante.
Basta pensare a certi successi elettorali attribuiti alla «potenza dei social», in grado di spostare l'opinione di milioni di elettori, o ai vari incidenti causati dal trattamento un po' troppo allegro dei dati personali degli utenti, o ancora al discusso equilibrio tra la libertà d'espressione e la possibilità di pubblicare contenuti «che istigano all'odio», con l'ovvio corollario che riguarda chi debba decidere ciò che è un «discorso d'odio» e ciò che non lo è.
Per gestire tutte queste questioni, Zuckerberg si augura per esempio la creazione di «enti terzi che stabiliscano degli standard da applicare alla distribuzione dei contenuti pericolosi e valutino le aziende in relazione a detti standard».
Allo stesso modo, vuole leggi che indicare chiaramente il modo in cui vengono gestiti gli interventi politici a favore o contro i vari candidati, e l'introduzione degli USA di una legislazione simile all'europea GDPR, che si possa poi magari estendere su scala mondiale.
Se fosse italiano, insomma, forse Zuckerberg ricorrerebbe immediatamente a qualche frase fatta chiedendo che il web «non si tramuti in un far west». Dato che però è americano, si limita a ribadire continuamente di quanto sia necessario «stabilire degli standard comuni».
Da un altro punto di vista, si può dire anche che Zuckerberg stia sostanzialmente cercando di alleggerire la responsabilità - vera o percepita - di Facebook per tutti i problemi sorti negli anni nei quattro ambiti indicati.
Nulla infatti vieta al social network in blu di mettere già in campo tutte quelle pratiche che il suo fondatore si augura diventino presto parte di una nuova legislazione: spostando però il problema dall'incapacità mostrata finora da Facebook di tutelare i quattro ambiti alla mancanza di norme, Zuckerberg pare più che altro voler dire «non è colpa nostra: sono le leggi che mancano».
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