I principi del Software Libero come fondamento di un mondo basato non sull'accumulazione, ma sulla condivisione. Quattro chiacchere con Stefano Barale.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 24-01-2004]
Che collegamento c'è tra "altro software" ed "altra economia"? L'uso di software libero può spianare la strada al cambiamento in meglio del mondo che ci circonda? Leggendo il libro "Come passare al software libero e vivere felici", che ha suscitato molto interesse anche tra i lettori di Zeus News, si trovano riflessioni che aiutano a rispondere a queste e ad altre domande. Per approfondire alcuni temi, Zeus News ha rivolto alcune domande all'autore Stefano Barale.
ZN: Molti lettori ci domandano se il Free Software funziona come modello economico. Un esempio concreto: come si guadagna la pagnotta Stefano Barale?
Stefano: "Come la maggioranza degli informatici ovvero facendosi pagare non per le licenze, ma per i servizi che sono in grado di offrire. Per fare un esempio pratico: il libro che ho scritto è stato rilasciato con una licenza completamente libera (FDL), ma in questo periodo sto cominciando a tenere dei corsi sugli stessi argomenti del libro (maggiori informazioni sono reperibili al mio sito) che dovrebbero finanziare il lavoro che servirà per la prossima edizione del libro, in uscita tra marzo e aprile."
Stefano: "Dipende in che senso intendiamo la parola "politica". Certamente si può parlare di software libero senza parlare delle noiose scaramucce tra i partiti, ma quasi inevitabilmente si finisce per parlare di "gestione della polis", delle risorse comuni, delle prospettive che abbiamo come umanità. E penso che questo sia un bene."
ZN: L'obiezione che molti lettori fanno al mondo dell'hacktivismo è, più o meno: a che serve protestare? Azioni come proteste, appelli, boicottaggi, tam tam mediatici, non sono che gocce in oceani di indifferenza, tanto tutto resta sempre come prima?
Stefano: "Ci sono degli interessanti studi che mostrano come l'obiettivo primario di tutti i sistemi dittatoriali è quello di instillare una simile convinzione nei cittadini. Una persona che ha perso la speranza è una persona facile da controllare. Detto questo confesso che comincio ad essere d'accordo sul fatto che le proteste, gli appelli e i boicottaggi forse non sono la maniera migliore di affrontare i problemi, per almeno due ottimi motivi: prima di tutto partono dal presupposto che esistano i "buoni" (quelli che fanno attivismo) e i "cattivi" (i potenti) e successivamente cercano di mettere tutte le energie nel contrastare l'azione dei potenti. Ogni giorno che passa mi convinco che sia molto più utile inventare azioni e realtà alternative piuttosto che contrastare quelle di chicchessia. Se non altro perché è un modo di gran lunga più divertente per passare il tempo!"
ZN: Potresti fare qualche esempio?
Stefano: "Sviluppare, diffondere ed usare Software Libero, ma non solo. Proverò a fare un esempio pratico: prendiamo i CD audio: comprare solo quelli con il marchio "CD-ROM Digital Audio" ci mette al riparo dai CD copy protected, veri e propri prodotti menomati, che non funzionano su tutti i lettori. Ma abbiamo anche bisogno di fare un passo oltre, di proporre un modello di distribuzione della musica alternativo: è proprio questo che permettono le licenze studiate dai legali del progetto Creative Commons, che sono sempre più utilizzate su internet. Il succo della questione sta nel ragionare per pratiche e non per teorie, distillando maniere di vivere e lavorare (scambio, baratto, libera distribuzione, monete alternative) che funzionino, indipendentemente dalle convinzioni ideologiche di chi le pratica. Il ciclo virtuoso innescato da questa attitudine sta toccando anche attori industriali come mostra il sito Plaza Project. E siamo solo all'inizio..."
ZN: A volte la protesta assume caratteristiche "violente". Mi riferisco ad azioni tipo intrusioni, attacchi informatici, blocco dei server, etc. Non si rischia di creare un disagio superiore rispetto al problema che si vuole eliminare? Non si rischia di dividere in due il popolo di chi non ci sta?
Stefano: "Credo che la questione sia parecchio complessa. Non amo affatto la violenza, ma non sopporto nemmeno il moralismo. Condannare moralmente l'uso politico (o informatico) della violenza mi sembra esattamente come lagnarsi dell'esistenza del male: assolutamente inutile. La verità, secondo me, è che il motivo principale per cui dovremmo smettere di usare questi mezzi è che sono inefficaci: non ci permettono di raggiungere quanto ci siamo prefissi e perpetuano il senso d'impotenza che ci ha spinto a utilizzarli. Tutte le altre argomentazioni, al confronto, le trovo deboli."
ZN: E veniamo ad un'obiezione "da sinistra"? La GPL, e tutto il mondo del Free Software che su di essa si fonda, ha un forte connotato economico, tanto che sono in molti a considerarla un modello economico vincente. Tutta questa disponibilità a confrontarsi con il mercato, non rischia di far perdere ai suoi adepti le motivazioni etiche, come la solidarietà, la giustizia, la pace, la condivisione, che fanno parte del suo DNA?
Stefano: "Sono convinto che sia solo una cosa positiva. Il problema non è scambiarsi beni in cambio di altri, ma semmai la maniera in cui lo facciamo. Quella inventata da Stallman con il software libero è estremamente efficace. Un giorno riusciremo ad avere un sistema di scambio di beni e valori altrettanto efficiente ...e a costruire motori a curvatura :)"
ZN: Per concludere, l'hacker è solo il superfigo del computer, o è anche un atteggiamento culturale? C'è qualche possibilità per noi (e siamo tanti) che facciamo a pugni con la tastiera, di dare un contributo al movimento del Free Software?
Stefano: "Certamente sì: l'hacking è un'attitudine! Aggiungerei anche un'attitudine sana e vitale: i bambini sono tutti hacker."
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