Sta facendo molto discutere una legge che apparentemente richiede il deposito legale obbligatorio di una copia di tutti i siti Web. E non è una bufala.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 13-05-2004]
L'idea è talmente balzana che molti l'hanno presa per una bufala o per un pesce d'aprile decisamente stantio. Purtroppo la legge esiste realmente: è la legge 106/2004 del 15 aprile 2004, intitolata "Norme relative al deposito legale dei documenti di interesse culturale destinati all'uso pubblico" e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 98 del 27 aprile 2004 e in vigore dal 12/5/2004 (cercate sotto "Serie Generale"). Il testo è reperibile anche qui.
In estrema sintesi, la nuova legge prevede un deposito obbligatorio, denominato "deposito legale", dei "documenti destinati all'uso pubblico e fruibili mediante la lettura, l'ascolto e la visione, qualunque sia il loro processo tecnico di produzione, di edizione o di diffusione". Lo scopo è "costituire l'archivio nazionale e regionale della produzione editoriale".
Rientrano nell'obbligo i documenti "prodotti totalmente o parzialmente in Italia, offerti in vendita o altrimenti distribuiti e comunque non diffusi in ambito esclusivamente privato". Sono inclusi anche i documenti pubblicati su Internet, e in particolare "documenti diffusi su supporto informatico" e "documenti diffusi tramite rete informatica". Mi sembra abbastanza plausibile che un sito Web sia un documento, essendo composto da pagine, testo e immagini esattamente come un libro.
Chi non rispetta la legge "è soggetto ad una sanzione amministrativa pecuniaria pari al valore commerciale del documento, aumentato da tre a quindici volte, fino ad un massimo di 1.500 euro".
Panico generale? Nuovo decreto Urbani? Non è detto. Ci sono infatti due considerazioni che, pur non essendo io esperto in legge, mi inducono a non agitarmi più di tanto.
La prima è che l'articolo 5 prevede un regolamento attuativo, da emanare "entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge", che verrà redatto dopo aver consultato "le associazioni di categoria interessate" (almeno così dice la legge).
Questo regolamento definirà le modalità di applicazione pratica della legge e, cosa più importante, "i casi di esonero totale o parziale dal deposito dei documenti". Quindi esiste già nell'impianto della legge la possibilità che il regolamento dica che i siti amatoriali sono esonerati.
Fra l'altro, il problema non riguarda soltanto i siti amatoriali: riguarda anche le aziende, i cui siti offrono "documenti" (brochure, manuali, eccetera) che vengono aggiornati in continuazione per ovvie ragioni tecniche: la facilità di aggiornamento è proprio il pregio del Web.
Appioppare alle aziende l'onere di inviare copia di interi mega-siti, con tanto di relativi continui aggiornamenti, è semplicemente demenziale. Spero che il legislatore si sia documentato un attimo prima di prendere in mano penna e calamaio per legiferare. I tempi della carta assorbente e del ciclostile sono finiti, forse qualcuno non l'ha ancora capito.
La seconda considerazione è che l'articolo 7, quello delle sanzioni, dice che la sanzione si basa sul "valore commerciale del documento, aumentato da tre a quindici volte". Ma un sito amatoriale non ha un valore commerciale: ne ha certamente uno affettivo, ma chiamarlo "commerciale" mi sembra difficile. E se il valore è zero, è chiaro che zero moltiplicato per tre o quindici fa sempre zero.
Per il momento, insomma, non è il caso di correre in strada e gridare allo scandalo. E' giusto che se ne parli, in modo che magari le considerazioni pratiche giungano anche alle orecchie di chi stila questi provvedimenti lunari, ma aspettiamo il regolamento attuativo prima di disperarci. Nel frattempo, conserviamo i nostri polmoni per gli scandali veri.
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