La vicenda di Tavaroli e dei rapporti con il Sismi non costituisce una novità nella storia italiana.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 18-07-2006]
Le vicende di questi ultimi mesi che hanno fatto emergere un'inquietante rete spionistica illegale, gestita da un dirigente di primo piano di Telecom Italia, come Giuliano Tavaroli, con legami assai stretti con il mondo dei servizi segreti italiani ma anche stranieri, cioè la Cia, che ha rapito in pieno giorno un cittadino straniero su cui stava indagando la magistratura italiana, non costituiscono affatto una novità per la storia della nostra Repubblica.
E' bene non dimenticarlo in tempi in cui la memoria storica si fa sempre più fragile e labile. Ricordare ad esempio che lo scandalo Sifar, in cui il generale De Lorenzo aveva raccolto numerosi dossier riservati su personalità della politica e dell'economia; lo aveva potuto fare grazie alla collaborazione di funzionari della Sip di allora che avevano permesso di effettuare intercettazioni, senza le autorizzazioni della magistratura (siamo nel 1968).
Lo scandalo è venuto alla luce grazie, corsi e ricorsi storici, a un'inchiesta del settimanale dell'Espresso, condotta dai giovani giornalisti Eugenio Scalfari, in seguito fondatore de La Repubblica e di Lino Jannuzzi, oggi parlamentare di Forza Italia.
Come non ricordare che nel mese di maggio 1977 il sostituto procuratore della repubblica di Bologna, dottor Claudio Nunziata, avviò una inchiesta nei confronti della Sip relativamente a dispositivi di prova di ascolto che non erano dotati dei toni acustici di inclusione, come previsto dalla legge.
A conclusione dell'indagine furono rinvenuti elenchi di utenze intercettate per periodi anche di 36 mesi senza notizia di alcuna autorizzazione dell'autorità giudiziaria. Accanto al numero telefonico (esatto) era posto un nominativo di fantasia affinché i tecnici che dovevano realizzare le connessioni ignorassero l'identità degli utenti: erano in gran parte partiti politici, giornalisti, operatori di vari settori.
La Sip fino al 1994 era posseduta quasi totalmente dalla finanziaria Stet, che raggruppava molte società. Oltre alle telecomunicazioni Italcable, Telespazio e Sip, la Stet controllava industrie militari, come la Selenia, la Oto-Melara, la Vitro-Selenia e la Elsag. Era facile immaginare scambi tra favori fatti dalla Sip ai servizi segreti militari e alle alte gerarchie delle Forze Armate e commesse per le industrie militari della Stet.
L'apice di questi stretti rapporti tra Sip e servizi segreti fu durante la presidenza della Ste di Michele Principe, che prima era stato presidente della Selenia e risultò iscritto alla loggia P2. Principe era l'uomo della Nato nel settore delle telecomunicazioni, dove ha trascorso una vita, con compiti particolari.
Agli inizi della sua carriera è stato dirigente della segreteria Nato presso il ministro delle Poste, in seguito è stato presidente del delicatissimo organismo strategico della Nato nel settore delle telecomunicazioni Civil communications and Planning committee.
La stessa Commissione di inchiesta sul delitto Moro non è mai riuscita a venire a capo del cosidetto "blackout dei telefoni" avvenuto a Roma in quelle ore; il ruolo dei servizi segreti italiani e stranieri (anche americani) in quella triste vicenda è ancora oggi avvolto nel mistero.
E' vero che Tavaroli assunse la guida della security di Telecom Italia solo con l'arrivo di Tronchetti Provera per cui lavorava in Pirelli ma, prima dell'esperienza "pirelliana", era stato capo della security di Italtel quando questa era ancora in orbita Stet-Iri.
Dunque non c'è molto di nuovo sotto il sole delle Tlc italiane nella vicenda Abu Omar.
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