Una proposta del Governo inglese limiterà di fatto la privacy dei cittadini europei. Con la ripresa di un dibattito mai risolto.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 11-07-2005]
I recenti attentati terroristici di Londra e le conseguenti misure straordinarie in materia di terrorismo, stanno riguardando anche la sfera delle comunicazioni personali dei cittadini.
Secondo quanto affermato ieri dall'edizione on line del quotidiano "La Repubblica", il ministro degli interni inglese Charles Clarke proporrà a breve che tutte le conversazioni telefoniche e i messaggi e-mail dei cittadini europei potranno essere archiviati per un periodo minimo di sei mesi fino a un massimo, non ben meglio stablito, di alcuni anni.
La proposta, estesa ai colleghi omologhi degli altri Paesi dell'Unione, e che sarà discussa più in dettaglio nel vertice di Bruxelles di mercoledì 13 luglio, ha già incontrato il favore del Ministro degli Interni Beppe Pisanu che in questi giorni discuterà un Decreto Legge recante misure urgenti in materia di prevenzione contro il terrorismo internazionale, decreto legge a cui maggioranza e opposizione hanno già assicurato parere favorevole e unitario.
L'eterno dibattito, dunque, si proprone ancora e nei suoi termini più estremi: è giusto e corretto ledere la privacy dei cittadini per motivi straordinari di ordine pubblico e di prevenzione di atti di terrorismo?
Ciascuno di noi avrà la sua risposta a questo riguardo. Alcuni diranno di essere disposti a sacrificare un po' della loro riservatezza in nome di una buona causa e di un decreto legge che potrebbe aiutare a prevenire danni ben più gravi, altri invece diranno che lo Stato non può arrogarsi il diritto di entrare nella vita privata e nelle comunicazioni dei suoi cittadini e che se qualcuno telefona alla moglie per dirle di buttare la pasta, a meno di non commettere un reato sono comunque affari suoi.
Tutte e due queste posizioni sono emotivamente e umanamente comprensibili, e portano argomentazoni valide.
C'è però da notare come la Costituzione italiana affermi all'articolo 15 che "La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili." e che una limitazione può essere data solo dall'Autorità Giudiziaria con atto motivato. Cò non significa, naturalmente, che il decreto legge in discussione sia antcostituzionale, ma che il principio è bene espresso e chiaro nella nostra Carta fondamentale.
Non è la prima volta che il Governo cerca di intervenire sulla conservazione dei dati riguardanti le comunicazioni dei cittadini. Un paio di anni or sono era già stata avanzata la proposta di portare da tre a cinque anni il limite massimo di tempo durante il quale un provider internet o un gestore di telefonia fissa e mobile dovevano tenere a disposizione dell'Autorità Giudiziaria i dati relativi al traffico e-mail e telefonico dei propri abbonati.
Non c'è che augurarsi che il Garante della Privacy si esprima al più presto su questa delicata questione con una posizione di equilibrio, fermo restando il fatto che tutti siamo comunque "spiati" continuamente senza che nessuno ce lo dica o ce ne chieda il permesso, e anche questo è un dato di fatto.
Nelle comunicazioni via Internet, in particolare quelle via posta elettronica, c'è solo da affidarsi a quello che negli anni si è affermato come lo strumento più valido e sicuro, la crittografia forte a chiave pubblica. A meno che qualcuno non pensi (e che ne sono!) che chi usa PGP, GPG o simili, per il solo fatto di usarli, possa rientrare nel novero sei soliti sospetti. Che, guarda caso, non sono mai quelli che mettono le bombe.
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