Dopo anni di prediche e raccomandazioni, gli utenti continuano ad abboccare a virus basati su espedienti elementari. Colpevole omissione dei mezzi d'informazione
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 22-04-2005]
Sfogliando la top ten dei virus più diffusi a marzo 2005 pubblicata da Sophos c'è da farsi prendere da una crisi di sconforto. Oltre il 65% delle infezioni è causato da due soli virus, Zafi e Netsky, entrambi basati sullo stesso banalissimo espediente: indurre la vittima ad aprire un allegato eseguibile.
Questo è uno dei trucchi più vecchi del repertorio virale, in giro da anni, eppure ci sono orde di utenti che ci cascano ancora. Come mai? Fra gli addetti ai lavori è diffusa l'opinione che sia tutta colpa dell'utente, ritenuto troppo stupido per capire un'istruzione semplice come "non aprire gli allegati di origine ignota, installa un antivirus, tienilo aggiornato e usalo su tutto quello che ricevi".
Chi, come me e tanti altri, scrive da anni di questi problemi e cerca di far sapere come ci si può difendere da questi aggressori informatici trova particolarmente frustrante statistiche come queste. Sembrano indicare che tutta la fatica divulgativa sia assolutamente inutile e che il problema, come dice un mio amico (spesso precettato per fare assistenza agli infetti), è facile da localizzare: si trova fra la sedia e il computer. Fine della storia.
Me lo chiedo perché mi capita spesso di aiutare parenti, amici e colleghi, gente normalmente più che dotata di buon senso, a disinfestare PC contenenti ogni sorta di spyware, virus, worm, trojan e altre delizie. Quando spiego come si sono infettati, la risposta più ricorrente è "ma io non sapevo che potesse succedere". Il buon senso non può far nullla se non poggia sulla conoscenza.
E questo mi ha fatto riflettere. Dove vengono pubblicati gli avvisi antivirus? Su Internet, nei siti appositi. E dove se ne parla in termini semplici? Sempre su Internet, in siti dedicati all'informatica come quello che state leggendo. Siti frequentati da appassionati d'informatica, ma non dagli utenti comuni.
In altre parole, il messaggio, per quanto semplice, non raggiunge mai il vero destinatario. Non si può pretendere che tutti gli utenti di computer si leggano riviste o siti specialistici: la maggior parte della gente usa il computer per fare qualcosa, per esempio lavorare, non come oggetto fine a se stesso come fanno molti informatici, per cui non trova interessanti le fonti d'informazioni specialistiche.
Ed è qui, secondo me, il nocciolo del problema. Ci stiamo sgolando a parlare di virus a un pubblico che già li conosce, mentre chi non li conosce (ed è quindi più vulnerabile) non può sentirci. Stampa e TV, i canali che davvero possono arrivare a diffondere capillarmente l'informazione informatica a chi ne ha più bisogno, non se ne occupano seriamente. Oppure la relegano anche loro in programmi specialistici.
Nossignore: un attacco virale è notizia da telegiornale. Quando un virus arriva a paralizzare le Poste peggio di un attacco terroristico, non è più una semplice curiosità per appassionati. Ormai praticamente tutti hanno un computer in casa e/o in ufficio: non è più un oggetto elitario di limitato interesse. Sapere come funziona, e quali sono i rischi che comporta, è una necessità quotidiana e importante quanto sapere che infilare le dita nella presa di corrente fa male. Ma nonostante questo, verso l'informatica rimane una sorta di pudore giornalistico. Si fa finta che non esista, che sia roba per smanettoni. Perché?
A mio avviso ci sono due ragioni fondamentali. Una è l'incompetenza informatica di molti giornalisti, che li induce a non occuparsi del problema per timore di dire stupidaggini (Panerai docet). Ma il compito del giornalista vero (al quale fra l'altro nessuno chiede di essere un tuttologo) è fare da tramite fra il lettore e l'esperto e presentare in termini onesti, semplici e comprensibili ciò che l'esperto spesso dispensa in pillole indigeste (e in questo senso gli informatici devono assumersi la propria abbondante dose di responsabilità).
Così come il giornalista contatta l'esperto d'automobili per saperne di più sull'olio di colza al posto del gasolio, il giornalista potrebbe contattare gli esperti d'informatica per farsi dare una spiegazione da distillare per il pubblico dei non addetti. Invece non lo fa: contatta di solito Microsoft, che difficilmente darà, per ovvie ragioni aziendali, un quadro completo della situazione e non proporrà soluzioni alternative che non usino i suoi prodotti.
Perché il giornalista si comporta così? Perché qui entra in gioco la seconda ragione.
Spiegare in parole semplici il funzionamento di un virus richiede la precisazione di una verità scomoda: i virus colpiscono soltanto Windows. E Microsoft è un potente inserzionista pubblicitario.
Certo, è tecnicamente possibile creare virus o worm anche per altri sistemi operativi, ma in pratica non succede. E' molto più difficile, e non occorre tirare in ballo la scusa stantia che gli utenti Apple o Linux sono pochi: Apple, per esempio, ne ha circa 25 milioni. Rimane il fatto che per fare informazione corretta, sarebbe necessario specificare sempre che "il virus XY colpisce i sistemi Windows ma non ha effetto su chi usa Mac o Linux". Ripetuta infinite volte, questa non diventa più semplice informazione: per Microsoft diventa pubblicità sgradita alla concorrenza. Per cui non si dice.
Fateci caso: in quanti articoli dei media generalisti sentite questa precisazione? Avete notato che si parla sempre di virus come se avessero una portata universale? Come se non esistesse nulla al di fuori di Windows e che l'unico rimedio possibile fosse l'antivirus, meglio se a pagamento?
In sostanza, i pochi articoli informatici che escono sui giornali sono imbavagliati, volontariamente o involontariamente. Chi avrebbe l'occasione e il diritto-dovere di informare il pubblico non lo fa. Ecco perché i virus più banali continuano a prosperare.
Non c'è nessun giornalista, al di fuori delle testate specialistiche, che se la senta di dire le cose come stanno? Dobbiamo aspettare come al solito l'ostracizzato Beppe Grillo per darci la sveglia e dire che se volete vivere senza l'ansia dei virus e degli aggiornamenti che vi scassano il computer, potete anche comperare Apple o installare Linux?
Prima che me lo chiediate: non ho preso soldi da Apple per scrivere quest'articolo. Ho ascoltato gli amici, fatto le mie ricerche, e quasi un anno fa ho abbandonato Windows in favore di un Mac. Pagato di tasca mia, senza sconti di sponsor. Sono così soddisfatto che non tornerò mai più indietro; anzi, sto per comperarne un altro. E non sono il solo: nell'ultimo trimestre, le vendite di computer Apple sono salite del 43% rispetto a un anno fa. Pensateci.
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