Se venisse approvata la direttiva McCarthy, in discussione dal 22 settembre, verrebbero legalizzati 30.000 brevetti software.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 21-09-2003]
"Brevetto per la fabbricazione di pasta sfoglia, a forma di ombelico di venere e con ripieno di carni miste". Scherza, il prof. Renzo Davoli dell'Università di Bologna, nella sua metafora sui codici informatici (software) come brevetti di idee (in questo caso dei tortellini), ma non è troppo distante dalla realtà, purtroppo.
Nei giorni scorsi Davoli ha fatto parte di una delegazione, ricevuta dai parlamentari del Partito Socialista Europeo riunito a Bologna, per relazionare sulla direttiva McCarthy, dal nome della relatrice laburista inglese, che l'ha promossa e che sarà in votazione il 22 Settembre. Se passasse, verrebbero legalizzati 30.000 brevetti software, per la maggioranza di multinazionali statunitensi presso l'Ufficio Brevetti Europeo che negli ultimi anni hanno fatto forti pressioni nonostante fosse legalmente vietato. Contro questa ipotesi più di 150.000 firme, due milioni di PMI europee, associazioni di software libero preoccupate che questo blocchi l'innovazione tecnologica, tagliando le gambe alla ricerca e alla piccola e media imprenditoria europea.
Ma c'è una ragione ben più importante: il software per sua natura è un oggetto immateriale frutto di scoperte matematiche, ricerche, condivisione e accumulazione sociale di saperi e idee. Nella nostra società rappresenta l'anima cognitiva che fa funzionare cellulari, reti telematiche, impianti meccanici, eccetera. La libertà di circolazione e di utilizzo, negli anni '60, ha permesso la rivoluzione digitale e le aspettative migliori della società della conoscenza. Brevettarlo avrebbe lo stesso senso di privatizzare il metodo intuitivo per sommare due numeri, le lettere dell'alfabeto per comporre testi o, appunto, la tradizione antica per fare un buon piatto di tortellini.
Per lo stesso motivo il PSE spaccato sul tema, come molti altri gruppi parlamentari, potrebbe veder vanificati i suoi sforzi nell'emendare questa direttiva se l'idea è davvero quella di costruire un'Europa come spazio pubblico di partecipazioni e diritti, non più subordinati solamente agli interessi di un modello di mercato che negli USA, tra mancanza di innovazione e domanda, sta dimostrando il proprio fallimento.
Allo stesso modo sarebbe auspicabile che proprio da Bologna, città dei saperi e della cultura, nonché del vicepresidente del parlamento, Renzo Imbeni, e del presidente della commissione, Romano Prodi, parta una campagna di sensibilizzazione delle istituzioni comunitarie sui rischi di questa direttiva, che potrebbe essere ancora più controproducente se recepita in senso peggiorativo nel nostro paese come è già successo in altri casi. Come sarebbe interesse della Regione Emilia-Romagna, che a giugno si è dotata di una legge sul software libero che rischia di essere duramente colpito da questa direttiva, far sentire la propria voce nella conferenza Stato-regioni prima di ogni ratifica. Per una questione di tortellini e diritti.
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